(Riferimenti normativi art. 1138 Cc)
Anzitutto è opportuno chiarire come sia opinione unanime della giurisprudenza che, nei Condomini, il proprietario di un immobile abbia il diritto a detenere un animale domestico (in quanto espressione del suo diritto dominicale), a meno che egli non si sia espressamente e contrattualmente obbligato a non detenere animali.
In altre parole, se non ci si è espressamente obbligati a rinunciare a tale diritto (ad es. sottoscrivendo per accettazione il regolamento condominiale contenente tale divieto e/o all'atto della stipula del contratto di compravendita) nessuna limitazione alla detenzione del proprio animale può derivare dal regolamento di condominio, da un singolo condomino ovvero, ancora, da una delibera condominiale.
Si ribadisce, pertanto, come nessun regolamento condominiale di tipo non contrattuale (quand'anche approvato dalla maggioranza) può limitare il diritto del proprietario di un appartamento a tenere con sé un animale d'affezione.
Sennonché, occorre anche considerare come l'esercizio del proprio diritto trovi una oggettiva limitazione legislativa laddove prevarichi illegittimamente un diritto altrui. In ossequio a tale principio, I rapporti di vicinato (Riferimenti normativi art. 844 Cc ) andrebbero, gestiti in modo consapevole e… con un'ampia dose di buon senso. In particolare, il proprietario di un cane - come il proprietario di un qualsiasi altro animale – ha il dovere di impedire “immissioni nel fondo del vicino” che superino la normale tollerabilità, con ciò intendendo qualsiasi eccesso nelle immissioni acustiche o olfattive che derivino dall'animale.
Nelle fattispecie concrete, non possono indicarsi aprioristicamente gli elementi che determinano il superamento della “normale tollerabilità” in quanto occorrerà valutare caso per caso il superamento dei suddetti limiti, operando un contemperamento di esigenze tra i diritti dei soggetti specificamente interessati.
Si evidenzi, comunque, come la violazione di detto dovere, legittima il “vicino molestato” ad adire la competente Autorità Giudiziaria per ottenere una pronuncia inibitoria nei confronti del proprietario del cane e/o la condanna al risarcimento dei danni cagionati dalle immissioni in parola.
Per tale ragione, al fine di prevenire una controversia giuridica, il proprietario di un animale d'affezione ha il dovere di vigilare affinchè il proprio animale non arrechi disturbo al proprio vicino (oltre i limiti della normale tollerabilità), assumendo - detto obbligo di vigilanza- un valore più pregnante quando si abiti in un contesto condominiale.
Senza contare, inoltre, come il “non impedire” (o, peggio ancora, il “ suscitare”) strepiti di animali possa creare disturbino alla quiete pubblica e costituire reato ai sensi dell'art. 659 c.p.
Si precisa quanto sopra, per evidenziare come il diritto alla detenzione di un'animale d'affezione sia un diritto tutelato dalla legge (laddove non limitato ad opera dello stesso titolare) e di come, tuttavia, l'esercizio di tale diritto implichi il rispetto di determinati obblighi-doveri imprescindibili per una convivenza civile nella società .
La scelta di vivere con un cane (come con un qualsiasi altro animale d'affezione) deve rappresentare, quindi, il frutto di una decisione assunta con la consapevolezza delle gioie che tale esperienza certamente porterà nella propria vita ma, altresì, con la coscienza delle importanti responsabilità che detta scelta di vita recherà con sé, non soltanto da un punto di vista etico-morale ma altresì, come visto, da un punto di vista squisitamente giuridico.
Avv. Simona Russo |